Due secoli fa eravamo 900 milioni mentre oggi la popolazione umana del pianeta ha superato i 7 miliardi di abitanti con un contatore che avanza alla velocità di 140 nascite al minuto. Ma non è tutto perché secondo uno studio delle Nazioni Unite, a metà di questo secolo, ossia tra 37 anni, taglieremo il traguardo dei 9 miliardi. Il fatto però è che la nostra fetta di mondo industrializzato ha ormai poco spazio per un ulteriore urbanizzazione per cui la nuova espansione sarà particolarmente incentrata nei Paesi in via di sviluppo e se i numeri non cambieranno, nel 2050, una persona su 4 nascerà in Africa. Tanto per intenderci, la Nigeria, da sola, arriverà ad avere una popolazione superiore a quella degli Stati Uniti e sarà dietro solo a Cina ed India, con quest’ultima mega superpotenza che probabilmente sorpasserà tutti con i suoi futuri 2 miliardi di abitanti. Ma questa nuova massa, nonostante sia composta da poveri e gente poco longeva, sarà però molto prolifica visto che le donne africane già oggi continuano a partorire una media di 4,6 figli a testa: un dato che si registrava in Europa nel 1950, quando il mondo occidentale industrializzato registrava il massimo livello di crescita demografica.
Un baby boom ormai finito nel dimenticatoio. Insomma si delineerà un nuovo mondo multicolore, con nuove potenze globali che spingeranno per avere un loro posto nello scacchiere mondiale e in prima file ci saranno l’Etiopia, la Repubblica del Congo e la Tanzania che raggiungeranno i 150 milioni di abitanti. Chiaro che, con questa esplosione della popolazione mondiale, crescerà anche la richiesta di energia, con modalità ben differenti da un Paese all’altro, in base al tenore di vita richiesto. Inevitabilmente ci saranno problemi anche per la produzione di beni, ma occorrerà il lavoro e il pianeta sarà forse troppo stretto per tutti, dando così vita ad una sfida sociale globale. Ma poi ci sono le risorse minerali che sono prossime all’esaurimento e con le nuove attività umane aumenteranno anche la produzione di inquinamento, con conseguenze gravissime per la salute umana. Altro tassello sofferente riguarderà l’impronta ecologica, misurata sulla quantità di risorse consumate per assorbire i rifiuti prodotti. Basta pensare, infatti, che secondo l’Ecological Footprint Atlas 2010, a partire dalla metà degli anni Ottanta l’umanità sta già vivendo in “overshoot”, ossia al di sopra dei nostri mezzi in termini ambientali con una domanda di risorse superiore di un terzo a quanto la Terra riesce a generare ogni anno. Tra questi popoli abbiamo gli Usa, Cina ed India, quasi tutti gli stati europei, tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente. Per dirlo in parole povere, ci vorranno tre pianeti per soddisfare le esigenze alimentari della Terra del futuro. E questo solo perché consumiamo troppo e sprechiamo molto. Secondo i calcoli usciti nel Forum internazionale promosso da Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn), ogni anno, 1,3 miliardi di tonnellate di cibo finiscono nella spazzatura e che il 70[%] dell’acqua presente sul pianeta viene utilizzato non per bere, ma per produrre. Tutti numeri che dovranno cambiare se cambierà il mondo perché il grottesco scenario di nazioni ricche con grasso che cola, da una parte, e povere e malnutrite dall’altra non può più reggere. Nota positiva, però: ci sarà posto per tutti. Basterà ovviamente trovare quel giusto compromesso tra l’impatto ecologico e la dinamica demografica con convergenza di vedute e una chiara volontà da parte dei paesi già sviluppati e di quelli emergenti.

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