Ti sei mai chiesto come gli altri ti percepiscono e come vieni giudicato nel tuo spaccato sociale?

Diciamo che la riflessione sulla percezione che gli altri hanno di noi è un tema complesso, ma allo stesso tempo particolarmente intrigante.

La domanda, quindi, non è certo banale perché la nostra immagine e la percezione che gli altri hanno di noi arrivano ad influenzare profondamente anche la nostra personalità, la nostra autostima e la nostra socialità.

Prima cosa, quindi, dobbiamo cercare di identificare quello che vediamo in noi stessi e provare a capire quale giudizio percepiamo dagli altri. Questo come primo passo.

Infatti, potremmo anche scoprire che le persone che gravitano intorno al nostro quadrato sociale, potrebbero avere un’immagine di noi, anche piuttosto distante dalla nostra stessa percezione.

Quindi, cominciamo con il dire che come ci presentiamo e come ci poniamo, ma anche l’abbigliamento che forgiamo, le abitudini delle nostre azioni quotidiane ed, in generale, come ci affacciamo al mondo, giocano un ruolo importante nell’ideologia di un’opinione.

Poi, c’è da aggiungere che la percezione che gli altri hanno di noi e che noi abbiamo degli altri viene anche influenzata da stereotipi, pregiudizi, credenze, valori e persino dalle esperienze vissute. Prendiamo l’esempio in cui, una certa persona, si trova a vivere un’esperienza negativa, con un tale che ci assomiglia o che abbia tratti della personalità simili ai nostri. Ecco che, tendenzialmente, quella stessa persona potrebbe essere portata a giudicarci negativamente, anche se non dovessimo c’entrarci proprio nulla con quei suoi incontri passati.

Ci sono anche dei processi che spiegano come il nostro «Io relazionale» si interfaccia con gli altri, attraverso la consapevolezza di sé all’interno della socialità.

Per comprendere meglio questi passaggi possiamo utilizzare la rappresentazione visuale della Finestra di Johari, un modello sviluppato negli anni ‘50, da due psicologi americani, Joseph Luft e Harrington Ingham, per identificare il funzionamento della comunicazione interpersonale applicata alla conoscenza di sé.

Il tutto si basa su una matrice composta da quattro quadranti. Il primo è definito “Area aperta” e rappresenta la parte di noi, di cui siamo consapevoli, e che anche gli altri ci riconoscono. In quest’area troviamo le nostre opinioni, pensieri, sentimenti e comportamenti che condividiamo apertamente con le altre persone. Ad esempio, noi potremmo definirci persone empatiche, ma solo manifestando comprensione e disponibilità all’ascolto degli altri, anche gli altri arriveranno a riconoscerci questa stessa qualità.

Il secondo quadrante, è definito “Area cieca” e rappresenta la parte di noi che gli altri vedono, ma che noi stessi non riconosciamo o non ne siamo consapevoli. In pratica, è il risultato di comportamenti che trasmettiamo, ma senza rendercene conto. Ad esempio, potremmo arrossire nel presentarci alle persone, un aspetto che gli altri notano in noi, ma che sfugge alla nostra consapevolezza. Quindi si tratta di informazioni che emergono spesso attraverso il feedback degli altri.

Il terzo quadrante, invece, è definito “Area nascosta” e rappresenta quei nostri aspetti che vogliamo tenere in privato e che decidiamo di non condividere. Si tratta, generalmente, delle nostre emozioni, esperienze o pensieri personali che scegliamo di mantenere privati. Ad esempio, potrebbero essere alcune nostre paure o credenze che non vogliamo condividere per timore di un rifiuto, di un giudizio o anche semplicemente per la nostra volontà di creare una buona impressione.

Infine, il quarto quadrante è quello dell’“Area sconosciuta” che rappresenta la parte nascosta delle nostre reazioni e di quei comportamenti celati. Praticamente, in quest’area, le informazioni non sono note né a noi né agli altri e riguardano le pulsioni più profonde e quelle reazioni comportamentali che potrebbero scattare in situazioni emotivamente impegnative. Ad esempio, in condizioni di estrema pressione o paura,  questa parte ignota potrebbe saltare fuori inaspettatamente, sorprendendo noi stessi e gli altri, in un impulso che non potremmo nemmeno razionalmente spiegare.

Quindi, riuscendo a comprendere queste quattro diverse aree di conoscenza del nostro Sé personale e sociale, possiamo arrivare ad identificare quelle discrepanze tra la nostra percezione e la percezione che gli altri hanno di noi.

Però, non dimentichiamo che non possiamo piacere a tutti e non avrebbe senso nemmeno impegnarci per riuscirci. La nostra identità ed il nostro valore, infatti, non possono essere ridotti alle opinioni altrui, meglio quindi cercare di trovare un equilibrio tra chi siamo noi ed il feedback che ne riceviamo, ma sempre mantenendo quella preziosa connessione tra i nostri sogni e ciò in cui crediamo. MG

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