Amore è amare. Può essere anche dedizione, passione, ma non certamente possesso.

Una coppia può fondersi e diventare una cosa sola, ma il sentirsi ed il desiderarsi non dovrà mai passare sotto il radar del dominio e del sospetto. L’amore non contempla questi atteggiamenti. Non baratta sacrifici di identità e contesti di affidamento esclusivo.

Un amore soffocante, alimentato dal possesso, non è mai buona cosa. Si tratta di una forma d’amore, che Francesco Alberoni definisce “infatuazione”, somiglia all’innamoramento, ma si differenzia per il fatto che attiva un meccanismo di distruzione della relazione amorosa.
Questo perché un rapporto non può prescindere dal rispetto e dalla fiducia, oltre che dall’individualità nell’osservanza della libertà di coppia.

Desiderio di esclusività

Quando un cuore è gonfio d’amore siamo spinti a dedizione appassionata verso l’altro e d’istinto viene a galla anche un certo desiderio di esclusività. E’ una risposta naturale di protezione affinché l’altro possa trovarsi bene sotto la nostra ala, nel nostro mondo. E così anche noi nel suo.

Questo desiderio di esclusività può coinvolge sia la sfera amorosa che quella sessuale. Lo possiamo definire come una spontanea identificazione, alimentata da necessità interiori e non da obblighi. Un effetto calamita che ci attrae verso la fedeltà per desiderio, per natura e non su comando o per imposizione. Viviamo il tutto basato sul piacere e non sul dovere.

Ed è proprio su questo terreno che l’esclusività germoglia e dove trova spazio anche l’amore forte e duraturo, perché entrambi vengono alimentati da legami che passano attraverso un patto di fedeltà, un apporto volontario all’impegno, mai volto all’obbligo.

La trappola dell’infatuazione, invece, è frutto del desiderio, ma diverso da quello sano dell’amore, perché qui entra in gioco la volontà del possedere. Qui siamo nell’ambito dei desideri egoistici che attiviamo per contentare un certo impulso narcisistico. Ma poi, ci accorgiamo che il partner, oggetto del nostro desiderio, non entra a far completamente parte della nostra vita reale, e così noia e delusione ci conquistano.

L’amore non chiama appartenenza

Ma amare non è possedere. L’amore è fatto anche di stacchi, di intervalli. Di distanze che portano vicinanza. Per cui i concetti di appartenenza del “tu sei mio” e “io sono tua” restano legati al fiabesco immaginario dell’eterno amore, dove lei baratta la propria libertà per donarsi all’adorato principe azzurro. Un affidamento esclusivo che ovviamente può essere ribaltato anche da lui verso lei.

Vero che le coppie si evolvono, cambiano pelle con il tempo, ma in ogni sana relazione di coppia non trova spazio l’esclusività ed il controllo paranoico. Perché un amore volto al possesso è figlio della paura, dell’insicurezza, dell’apprensione, della mancanza di fiducia.

Nel vero amore, invece, la coppia non si appartiene. Ama perché è. La relazione si alimenta con l’adesione e con un’intima connessione. Amare qualcuno è riconoscerlo per ciò che dona perché chi ama non pretende. Il vero amore è modellato con la pasta della libertà. Libertà di essere se stessi, sia nei propri spazi che in quelli relazionali, così come nella citazione di Livia Hernández: “Egli le chiese una prova del suo amore. Ella lo lasciò libero”. MG


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