Li chiamano i nottambuli digitali. Di notte non hanno sonno e fanno le ore piccole davanti a smartphone e tablet, bombardati da un’overdose di bagliori di quei display. Sono convinti che leggere le email, giocare, dialogare sui social o navigare sul web sia un’attività rilassante, ma in realtà è tutto l’opposto perché questo casalingo popolo della sera dorme sempre meno e sempre peggio. In più, dopo la notte, arriva il giorno ed ecco affacciarsi stanchezza e deficit dell’attenzione che a volte diventano questioni da risolvere con fiumi di caffeina. Ma il non dormire è un fattore di rischio anche per ansia e depressione oltre che per malattie croniche come il diabete e complicazioni cardiovascolari. A tutto questo, poi, si aggiunge pure lo stress e la debolezza che intaccano inevitabilmente le nostre difese immunitarie. Insomma dormire poco e male fa male. Il problema, purtroppo, è che tra i nottambuli digitali ci sono anche tanti, anzi troppi, bambini ed adolescenti. Il tutto nasce proprio dalla correlazione diabolica tra l’utilizzo di questi aggeggi tecnologici con schermo retroilluminato e l’insonnia. In pratica ci stanno distruggendo l’orologio biologico. Sembra impossibile, ma pensiamo soltanto che due ore di esposizione notturna ai microscopici display luminosi di smartphone e tablet, ci provocano un ritardo dell’insorgenza del sonno di circa un’ora.
«Questi dispositivi, se usati fino a tarda sera e prima di coricarsi, hanno davvero un impatto negativo sul nostro sonno e sui ritmi circadiani» conferma la neuroscienziata Anne-Marie Chang, della Bwh’s Division of Sleep and Circadian Disorders. Mentre Mariana Figueiro, direttrice al Lighting Research Center del Rensselaer Polytechnic Institute di Troy, New York, avverte che «se tale comportamento dovesse proseguire nel tempo ci potrebbe essere il rischio di contrarre malattie come il diabete, l’obesità e persino il cancro, visto che studi effettuati su lavoratori costretti ai turni, quindi con un ritmo sonno-veglia sempre in subbuglio, dimostrano maggior rischio di contrarre tumori al seno e colon». Inoltre, dormire poche ore per notte può portare ad un aumento della fame e di conseguenza dei livelli di glucosio.
Ma sono tante le ricerche effettuate sul campo proprio per studiare quei disturbi che legano il sonno alla droga digitale e alla sua sovraesposizione notturna dei display di smartphone e tablet.
«Uno studio su circa 10mila adolescenti norvegesi, di età compresa tra i 16 e 19 anni, ha confermato queste disfunzioni tra sonno e veglia – si legge da una ricerca pubblicata sulle pagine dell’Economist -. Quasi tutti avevano usato tablet e smartphone fino a poco prima di andare a letto confermando che l’uso di questi dispositivi era strettamente correlato al loro sonno: quanto più gli adolescenti fissavano gli schermi, tanto più facevano fatica ad addormentarsi e meno tempo dormivano nel corso della notte».
Anche gli psicologi dell’Università londinese di Hertfordshire confermano un aumento degli individui insonni, passato dal 50 all’80% su un campione di 2149 inglesi esaminati e, ciò che più stupisce, è la grande diffusione tra i più giovani. Proprio loro che amano lasciare telefonini e tablet sul comodino accanto al letto, senza spegnerli, in modo da non interrompere quel piacevole filo di contatto tra il reale ed il virtuale. Insomma un distacco difficile.
Ed è proprio questa sensazione di “piacere” che ci attrae come calamite agli aggeggi tecnologici in genere. Tutto questo accade perché ci divertiamo ad utilizzarli e, in questo modo, facciamo scattare nella nostra testa un meccanismo molto semplice: al cervello arriva uno stimolo piacevole e per risposta produce endorfine che vengono buttate in giro dal lobo anteriore dell’ipofisi nel nostro cervello. Per capirci, hanno effetti analgesici e fisiologici simili all’oppio o alla morfina o anche simili ad una forte emozione. E sono proprio le endorfine rilasciate a regalarci quella sensazione di benessere diffuso. Quindi, tutto ciò che ci fa star bene e ci appaga, cerchiamo di attrarlo. Così vale anche per smartphone e tablet. Per cui, la tanto amata tecnologia possiede un’arma a doppio taglio: da una parte ci mette in costante contatto con il mondo virtuale e le novità reali, ma dall’altra ci obbliga a stare perennemente appiccicati ai loro schermi sempre più luminosi e sempre più piccoli.
E proprio qui nasce il problema, perché è l’eccessiva quantità di luce che ci bombarda l’occhio in ore notturne, ad impedirci di avviare quelle procedure metaboliche necessarie ad assicurarci una sana nottata di riposo.
«Il problema principale dei piccoli schermi retro illuminati è che vengono posizionati ad una distanza troppo ravvicinata al viso con un’enorme quantità di luce che arriva alla parte posteriore dell’occhio, importante sede per la gestione del ciclo circadiano – ribadisce sempre la direttrice Mariana Figueiro del programma Lighting Research Center -. Tutto questo si traduce in un’emissione luminosa fissa che è in grado di alterare la produzione di melatonina, ossia dell’ormone che regola il ciclo sonno-veglia e che si attiva con il buio e, unitamente all’effetto delle endorfine, ci aiuta a dormire».
Praticamente l’effetto di un display retroilluminato fa credere al nostro cervello che sia ancora giorno, quando invece fuori è notte. Così dopo due ore d’uso notturno dei telefonini, il livello di quell’ormone che dovrebbe farci passare dalla modalità luce a quella buio si riduce del 22%. In più, purtroppo, giovani e donne sembrano più sensibili al disturbo.
Ma quello che tecnicamente crea problemi ai nostri occhi è l’esposizione ad un certo tipo di luce e nello specifico quella di colore blu con una lunghezza d’onda compresa tra 460 e 480 nanometri. Guarda caso proprio quella prodotta da smartphone, tablet e schermi retroilluminati.
«Il problema è un fotopigmento, la melanopsina, presente nelle cellule neurali della retina, che funge da sensore per i cambiamenti spettrali e che ha proprio il compito di segnalare al cervello se c’è luce od è buio, tenendoci in allerta» spiega un gruppo di ottici esperti. E sempre la direttrice Figueiro conferma che «è proprio la luce blu a sopprimere la melatonina, così da ingannare il cervello a pensare che sia giorno. In questo modo ci fa stare più attenti quando, invece, dovremmo essere immersi in una sensazione di pacifica sonnolenza notturna, perché siamo sdraiati a letto».
«Questa luce blu, in particolare, ha un effetto acuto di allarme quando viene trasmessa direttamente al cervello – aggiunge la dottoressa Victoria Revell, Senior project manager al Surrey centro clinico di ricerca dell’Università Surrey nel Regno Unito -. In pratica intacca il nostro orologio biologico e proprio per questo bisogna assolutamente ridurre al minimo le esposizioni a queste lunghezze d’onda».
Dunque la precauzione migliore per evitare futuri problemi di insonnia è la più drastica, ossia, spegnere totalmente smartphone e tablet due ore prima del riposo in modo da favorire una sana e rigenerante dormita.
Sì, perché il sonno non è una perdita di tempo, ma un momento fondamentale per l’organismo, in cui vengono prodotti ormoni che ci proteggono dalle malattie. Ma dormire non fa bene solo al fisico ma, anzi, giova anche alla mente. Dunque, per quanto possibile, cerchiamo di abbandonare la tecnologia e ritornare al caro vecchio libro stampato con una sana lettura che concilia davvero il riposo, senza alcun tipo di interferenza. Anche se, come ricordava la ricercatrice americana del sonno, Lauren Hale, insegnante alla Stony Brook University: «Questa raccomandazione è molto più facile a dirsi che a farsi». MG

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